Nuova tendenza digitale: Re-commerce e sostenibilità

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Nuova tendenza digitale: il re-commerce e il suo impatto sulla sostenibilità

L’ecologia, più che una nuova tendenza, è una preoccupazione trasversale per migliaia di persone. Questo, naturalmente, si riflette anche nell’e-commerce, dando vita a tendenze come il Re-Commerce, che ha un forte impatto sulla vita sostenibile.

In questa occasione, vedremo più da vicino cos’è esattamente il Re-Commerce, come vengono venduti i prodotti riutilizzati, analizzeremo la tendenza e vedremo alcuni casi pratici.

Andiamo al sodo.

Qual è la tendenza del Re-Commerce?

Anche se ne abbiamo già parlato nell’introduzione, vale la pena di chiarirlo prima di proseguire.

In sostanza, si tratta della vendita online di prodotti di seconda mano, sia allo stato originale che personalizzati o alterati in qualche modo. Una cosa che si fa da quando è stato inventato il commercio, ma a cui i negozi online non si erano ancora aperti.

Per essere più precisi, dovremmo dire che sono i marchi che non lo facevano attivamente, perché tutti conosciamo applicazioni C2C (client to client) come Wallapop e Vinted, portali come Milanuncios o addirittura marketplace come eBay.

Perché ora i marchi lo vedono chiaramente?

Semplice: perché non ha senso voltare le spalle a ciò che il pubblico richiede. Se i marchi non abbracciano il Re-Commerce, non fanno altro che favorire un modello di business alternativo che permette a terzi di trarre profitto dai loro prodotti.

Ma le tendenze non devono rimanere in superficie: qual è il motivo per cui i prodotti usati sono così attraenti per il cliente? Potremmo pensare al prezzo più basso (non è sempre così), al collezionismo, alla nostalgia commerciale per gli oggetti posseduti in precedenza… e tutto questo è vero in alcuni casi, ma c’è un altro grande presupposto: quello ecologico.

La sostenibilità sta diventando sempre più importante per le persone e il Re-Commerce ha una componente etica molto interessante.

Ad esempio, il controverso concetto di “fast fashion” esiste da anni, promosso da negozi come Shein o Primark. Si tratta di abiti con un buon design, ma di qualità non molto elevata per mantenere un prezzo ultra-competitivo. Il risultato è un capo con una durata di vita molto limitata e un’industria che non smette di produrre, con l’impatto ambientale che questo comporta.

Qualcosa di simile accade con la tecnologia, che, al di là dell’obsolescenza (programmata o meno), finisce per soccombere alla moda o alle nuove esigenze tecniche degli utenti. Così, un computer o un cellulare “scadono” anche se mantengono gran parte delle loro funzionalità. Non dimentichiamo che per costruire uno di questi dispositivi è necessaria una grande quantità di energia e di materie prime scarse che, inoltre, devono essere estratte alterando gli ecosistemi.

Il cliente non è ignaro di questo, anzi, è molto consapevole al punto da considerare la sostenibilità come un argomento decisivo nell’acquisto. Per i marchi si tratta, oltre che di una posizione etica, di una questione di conversione, di redditività e di un modo per differenziarsi dagli altri concorrenti.

La sfida per i rivenditori

La vendita di prodotti rigenerati ha i suoi limiti. Da un lato, dobbiamo adattare il nostro negozio, in termini di inventario, a ciò che possiamo ottenere. Vale a dire: la domanda può essere alta, ma non abbiamo l’offerta per soddisfarla, né siamo in grado di produrre più scorte (per ovvi motivi).

Anche il prezzo ha un comportamento molto più dinamico, il che richiede un sito web agile che ci permetta di effettuare questa gestione facilmente o, idealmente, automaticamente.

Ma la sfida più grande, a nostro avviso, è rappresentata dal servizio clienti e dall’assistenza post-vendita. Quando si parla di prodotti che non sono standard e che hanno condizioni d’uso o di manutenzione diverse, un plus di trasparenza è essenziale.

La Livechat non solo aumenta le vendite, ma può anche essere il modo migliore per evitare i resi, con tutto ciò che ne consegue in termini di esperienza del cliente e di margini. In questo caso vi consigliamo, per fare Re-Commerce con maggiori garanzie, di fare il salto verso sistemi più avanzati come il covisor, per accompagnare il cliente nella recensione del prodotto.

Esempi pratici di Re-Commerce

La verità è che è sempre più facile trovare negozi online che lavorano con il recupero dell’ecommerce. Ci sono numerosi marchi che lo hanno introdotto come linea di business aggiuntiva e altri e-commercianti che si basano al 100% su prodotti recuperati da terzi.

Tra i primi, troviamo Levi’s, un’icona della moda da decenni. Con il sottomarchio e il sottodominio Levi’s Secondhand, l’azienda ha creato un proprio spazio in cui gestisce l’acquisto e la vendita di prodotti di seconda mano.

Per fare un altro esempio legato ai settori che abbiamo citato nel punto precedente, cito Back Market, che acquista e ricondiziona tecnologia, che mette in vendita sulla propria piattaforma.

Cosa ne pensate di questo tipo di attività? Implementereste il Re-Commerce nel vostro negozio?

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